La storia di Emmanuele, nato pretermine alla 25esima settimana di gestazione. Dall'esperienza vissuta insieme a nostro figlio è nata la voglia di condivisione dalla quale queste pagine hanno tratto origine.


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E' nato Francesco






Dimissione

La Nascita

Era l'otto maggio del 1999 quando scoprimmo che una nuova vita avrebbe allietato la nostra famiglia. Il parto era previsto per il 10 gennaio 2000, e scherzando dicevamo che se avesse deciso di nascere in anticipo, avremmo potuto concorrere per il primo bimbo del millennio.
La nascita prematura di Emmanuele ci ha colto di sorpresa, perché la gravidanza stava procedendo in modo abbastanza tranquillo e alla data presunta del parto mancavano più di tre mesi e mezzo.
Tutto è cominciato il 22 settembre 1999, quando mi sono recata dalla ginecologa per la solita visita mensile; lei si è accorta immediatamente che il collo dell'utero era completamente dilatato, e il sacco gestazionale stava già scendendo. Mi disse comunque di non preoccuparmi, che in ospedale avrebbero risolto tutto. In ospedale, invece, letta la diagnosi, mi dissero che non si poteva fare più di tanto: era troppo tardi per il cerchiaggio e 24 settimane di gestazione non erano sufficienti a garantire la sopravvivenza del feto, che sarebbe nato entro poche ore e morto immediatamente.
Contrariamente alle previsioni del ginecologo, il parto è avvenuto il 26 settembre. Ricordo quei quattro giorni come un incubo, sballottata tra il corridoio, la sala parto e una stanza di Ostetricia, con due flebo e la consegna di non agitarmi, non piangere, non alzarmi, non tossire, non starnutire, non sedermi etc. nella speranza di guadagnare qualche ora.
Non capivo bene quanto mi stesse succedendo, da una parte mi ripetevano che non c'erano speranze, dall'altra che sarebbero bastati 12 giorni in più per cambiare queste pessimistiche aspettative. Io vedevo passare ogni ora al rallentatore, accompagnata dalla tachicardia del miolene; sentivo muovere questo bimbo dentro di me, sembrava quasi dirmi "mamma, io sono
ancora con te, non mollare". Una solo domanda mi martellava incessante nella testa: perché sta succedendo? Come posso sentirlo così vivo dentro di me e rassegnarmi a perderlo, senza neanche averlo potuto abbracciare, senza che abbia conosciuto il calore del nostro amore? Non potevo neanche appoggiare la mano sulla pancia per calmarlo e sentirlo più vicino, pena l'aumento delle contrazioni.
Quando la neonatologa è venuta a controllare la situazione non sono riuscita a chiederle nulla, tranne che Emmanuele venisse battezzato alla nascita.
Se le avessi fatto delle domande invece di tentare disperatamente di trattenere le lacrime, mi sarei chiarita un po' le idee, anche perché nessuno parla mai dei prematuri e la mia ignoranza
era massima.
Ed arriviamo così al parto, spontaneo, molto travagliato perché a causa di un errore nella dose del miolene ho avuto una grave crisi cardio-respiratoria. In sala parto abbiamo finalmente scelto il nome del nostro bimbo, Emmanuele,che significa "Dio con noi". E Dio era veramente con noi, comunque fosse andata quel bimbo era stato un meraviglioso regalo, e quei cinque mesi di
attesa i più felici della nostra vita.
Il travaglio è iniziato la mattina alle 5, ma Emmanuele ha visto la luce solo alle 20.00. E' nato in arresto cardio-respiratorio, con indice di Apgar 0, tanto che la ginecologa che seguiva il parto ci disse subito che non ce l'aveva fatta. Fortunatamente a questo punto entrano in gioco i medici
della Neonatologia, che attendevano il bambino nella stanza di fianco alla sala parto, pronti a rianimarlo. C'è voluto un po' (massaggio cardiaco, adrenalina e intubazione), ma alla fine ce l'hanno fatta e nella sua incubatrice Emmanuele ha raggiunto il reparto di Neonatologia. Mentre io venivo trasferita in sala operatoria per un controllo, il neonatologo ha chiamato Roberto e lo ha informato delle condizioni di nostro figlio. Non era possibile vederlo subito perché la sua sistemazione avrebbe richiesto molto tempo, ed erano ormai quasi le 21.00. Così il primo
incontro è stato rimandato al giorno dopo.

Condizioni critiche

Emmanuele era vivo, ma non sapevamo bene cosa aspettarci. L'avevamo visto solo un istante al momento della nascita, e le foto che gli erano state scattate all'entrata in reparto non contribuivano certo a tranquillizzarci.

Invece, contrariamente alle nostre previsioni, si è trattato di amore a prima vista. Pur essendo così piccolo (900 grammi, in realtà un gigante per le sue 25 settimane), era già un bimbo perfetto: ci siamo inteneriti vedendo le sue manine con le unghiette già formate, aveva persino le ciglia e le sopracciglia; un occhio era già aperto, aveva tanti capelli, e già si intravedevano delle somiglianze. Prima ancora di parlarci il medico ci invitò a toccarlo, accarezzarlo e avevamo quasi paura di romperlo, tanto era piccolo; abbiamo invece scoperto col tempo che i prematuri sono bimbi speciali, non così fragili come si potrebbe pensare e con una forza, una voglia di vivere e lottare incredibili. Il medico ci spiegò con molto tatto che Emmanuele non aveva grandi possibilità, ma si poteva sperare; ci illustrò nei dettagli tutto ciò che stavano facendo. La gentilezza del personale ci stupì e tranquillizzò fin da subito: si comportavano tutti con una cura estrema e capimmo che Emmanuele era affidato in ottime mani. Le cose sembravano mettersi abbastanza bene, quando improvvisamente la situazione iniziò a precipitare. I parametri vitali di Emmanuele erano un po' peggiorati, e facevano pensare ad una infezione in atto; oltre a questo il sangue non si coagulava ed Emmanuele aveva avuto una emorragia. Iniziammo così con le trasfusioni di plasma per aiutare la coagulazione, seguite da quelle di sangue, perché Emmanuele stava diventando sempre più anemico. Anche il cuore dava dei problemi: nei prematuri solitamente il dotto di Botallo invece di chiudersi alla nascita resta aperto, e questo aggravava i già pesanti problemi respiratori di Emmanuele (malattia delle membrane ialine), il cui peso era intanto sceso a 700 grammi. Arrivammo poi al colpo di grazia: l'enterocolite necrotizzante (NEC), un'infiammazione dell'intestino che porta alla necrosi dei tessuti. Nonostante le cautele l'8 ottobre l'intestino di Emmanuele si perforò. Parlammo a lungo con i medici, che non ci dettero molte speranze. Non sapevamo se Emmanuele era stato battezzato in sala parto, così la sera del 10 ottobre chiamammo il cappellano dell'ospedale. Il suo battesimo fu l'unico momento di pace in quei giorni. Le condizioni di Emmanuele si aggravavano sempre più, e la mattina del 13 ottobre il direttore della Neonatologia ci telefonò per informarci che Emmanuele non avrebbe superato la giornata; l'unica possibilità era un intervento chirurgico di cui avevamo già parlato, ma Emmanuele, che pesava meno di 700 grammi ed era in pessime condizioni a causa delle infezioni, difficilmente avrebbe superato l'anestesia. Con una prospettiva di fallimento del 95 per cento,contro la certezza della sua morte entro poche ore, ci apprestammo ad affrontare l'intervento, Roberto fuori dalla sala operatoria e Stefania in cappella a pregare. L'operazione durò molto tempo, ma non vi furono complicazioni ed Emmanuele la superò senza problemi. Eravamo molto fiduciosi e speravamo in un rapido miglioramento, ma il 23 ottobre arrivò un'altra doccia fredda: stavolta erano i reni ad avere problemi, ed Emmanuele si era gonfiato come un palloncino, passando in pochissimi giorni da 800 grammi ad 1 chilo e 100. Si trattava quindi di fargli perdere tutti i liquidi che lo gonfiavano, e ci vollero altri 10 giorni.

Alla fine respirava anche meglio, così i medici tentarono di staccarlo progressivamente dal respiratore, ma anche questa volta andò male e dopo due giorni eravamo da capo: nuovamente intubato, febbre alta e nuova trasfusione. Probabilmente era in atto un'altra infezione, e il dotto di Botallo, che si era chiuso durante il miglioramento, tornò ad aprirsi determinando un ulteriore peggioramento. Si iniziò a parlare di un nuovo intervento chirurgico, questa volta relativamente semplice, per la chiusura del dotto, mentre si faceva largo il sospetto che Emmanuele soffrisse di fibrosi cistica. Le crisi di desaturazione si susseguivano, mentre noi eravamo sempre più abbattuti. Poi, improvvisamente come era peggiorato, Emmanuele iniziò a migliorare: prendeva peso, non desaturava più e anche i polmoni stavano migliorando; il dotto di Botallo si era chiuso e si avvicinava sempre più al chilo.

 

Marsupio-terapia

Finalmente Emmanuele stava meglio, ed aspettavamo con ansia il momento di poterlo abbracciare. Penso che solo un genitore che ha vissuto questa esperienza possa capire cosa significhi passare giorni e mesi guardando il proprio figlio attraverso l'incubatrice, divorati dal desiderio di poterlo stringere a sè e cullare.

Dopo due mesi ed infinite preoccupazioni venne il gran giorno: Emmanuele fu estubato il 19 novembre e il 25 novembre potemmo finalmente prenderlo in braccio. La prima uscita durò solo pochi minuti, ma per noi segnò un traguardo importantissimo: era un po' come riappropriarci di nostro figlio, quasi una seconda nascita, e la nostra preoccupazione era solo di non soffocarlo con le troppe lacrime. Il personale condivideva con noi questo momento, e più di una infermiera aveva gli occhi lucidi.

 

All'ingrasso

Emmanuele stava finalmente bene: superato il traguardo del chilo si trattava ora di arrivare ai due chili, peso abbastanza sicuro per affrontare un nuovo intervento chirurgico. Con la prima operazione, infatti, erano stati asportati alcuni centimetri di intestino danneggiato, lasciando le due parti separate in modo che col riposo riacquistassero in pieno la loro funzionalità; si trattava ora di rimetterle insieme. Emmanuele intanto procedeva spedito: il 4 dicembre sentimmo per la prima volta la sua voce, il 13 fu spostato in termoculla e il 17 lasciò la terapia intensiva. Spesso i prematuri fanno questi scherzi, ed i loro miglioramenti sono repentini come i peggioramenti: noi non facemmo neanche in tempo a comprargli i vestitini e ci dovettero prestare quelli dell'ospedale. Migliorò anche l'alimentazione: il gavage (un sondino che inserito nel naso arriva fino allo stomaco) era stato affiancato dal biberon, seppur con rigurgiti quotidiani. Passò anche il 10 gennaio, data prevista per il parto. L'operazione ebbe luogo il 25 gennaio 2000, e anche questa volta non ci furono problemi. Ci apprestammo quindi ad attendere il mese solitamente necessario al decorso post-operatorio. La nostra dotazione per accogliere Emmanuele a casa si riduceva ad un pacco di pannolini avanzato a mia cugina e al carillon che avevamo portato in ospedale. Eccoci quindi alle prese con carrozzine e fasciatoi, ancora increduli ed emozionatissimi. Finalmente fu fissato il giorno: 14 febbraio, persino in anticipo sul previsto. Scaramanticamente continuavo a ripetere che mi bastava averlo a casa per il mio compleanno, il 25 marzo, e tutti mi dicevano di non preoccuparmi. Invece...

 

Un peggioramento improvviso

La mattina di sabato 12 febbraio ci recammo come al solito da Emmanuele, ma non lo trovammo nella sua stanza: era stato infatti spostato in isolamento, nuovamente con flebo, ossigeno e stava facendo una trasfusione. Inutile dire che ci crollò il mondo addosso. La dottoressa era talmente dispiaciuta che tememmo qualcosa di veramente grave. Ci spiegarono che Emmanuele aveva iniziato improvvisamente a desaturare durante la notte, e si era reso necessario riprendere con l'ossigeno; la lastra dei polmoni evidenziava un focolaio al polmone destro e i piedi e le mani gonfi non lasciavano presagire nulla di buono. Un ecocardiogramma confermò i sospetti: un piccolo difetto presente già nei primi mesi e completamente risolto si era ora aggravato a causa della malattia polmonare. Una dottoressa accompagnò Emmanuele in ambulanza a Bologna, per un consulto con i cardiochirurghi pediatrici. Noi intanto eravamo sempre più stanchi e meditavamo di rapirlo, con ossigeno e tutto. Anche Emmanuele ormai non ne poteva più, perché comunque un bimbo un po' più grande ha bisogno di stimoli differenti da quelli che può offrirgli l'ambiente ospedaliero. Le infermiere e i medici ce la mettevano tutta, ed Emmanuele passava più tempo in braccio a loro che nel lettino. Alla fine le sue condizioni si assestarono e il 24 Marzo fu dimesso per fare un regalo ai suoi genitori, che ormai cadevano a pezzi. I problemi non erano risolti, ma fortunatamente dal 20 marzo non necessitava più di ossigeno (in caso contrario ce lo avrebbero dato corredato di bombola e saturimetro); dovevamo continuare con 3 aerosol al giorno, un farmaco antirigurgito, ferro, vitamine e un forte diuretico per aiutare il cuore. E così, dopo una mattinata di baci, abbracci e lacrime, iniziò la nostra vera avventura.

Dimissione

Ed ecco alcuni dati “tecnici” riguardanti Emmanuele. Letti così fanno un po’ impressione, ma non lasciatevi ingannare: i prematuri hanno una capacità di ripresa prodigiosa ed Emmanuele ne è una prova.
-Diagnosi di dimissione: prematurità estrema, RDS, transitoria pervietà del dotto arterioso, difetto interatriale di tipo ostium secundum, displasia broncopolmonare, perforazione intestinale, sepsi fungina e batterica, anemia della prematurità.
-Procedure: ventilazione meccanica, cateterismo vena e arteria ombelicale, cateterismo centrale ad inserzione epicutanea e tramite isolamento chirurgico,intervento di enterostomia e successiva ricanalizzazione, trasfusione di eritrociti, terapia con eritropoietina.
-Gravidanza: nato da parto precipitoso alla 25°settimana di gestazione. Indice di APGAR ad 1’:0-1; 5’(intubato):4; 10’:6-7. Peso: gr.900, lunghezza: cm 34, circonferenza cranica: cm 25,5.