Storie di bimbi e genitori speciali che hanno scelto di offrire la loro esperienza a tutti voi.


Copyright © 2003

Davide
Francesco
Marzia Maria
Gabriele Eliseo
Tommaso
Maryam
Leonardo
Matteo Giuseppe
Angelo Neo Sathayu
Giorgia
Alfonso
Matilde
Tabatha
Aurora
Isabella e Azzurra
Alice
Elisabetta
Eufemia Maria Pia
Dada & Poppy
Francesca
Giorgia
Riccardo
Mattia
Lapo
Giuliano
Mattia
Riccardo
Valeria
Giorgia
Pietro
Nicola
Laura Azzurra Maria
Tommaso
Angelo
Linda
Margherita
Alessandro
Sabrina
Alessia
Giovanni e Giuseppe
 
Stefania
Chiara
Agnese
Vincenza





Sono rimasta incinta tra il 9 e il 12 dicembre 2001. Ne sono sicurissima, mio marito ed io desideravamo un bambino ed erano diversi mesi che tenevo sotto controllo il mio ciclo ed il probabile periodo fertile. Così, quando abbiamo provato, è andata subito bene. Ancor prima che saltassero le mestruazioni mi sentivo diversa, percepivo (a livello fisico o inconscio, chi lo sa!) che qualcosa stava cambiando. Prima il test comprato in farmacia e poi le analisi del sangue confermarono che aspettavo un bambino. Francesco/Camilla, prima di sapere il sesso lo chiamavo con i due nomi che mi piacevano di più!
La gravidanza procedeva regolare, il piccolo cresceva bene, le ecografie e le visite dal ginecologo e poi la morfologica alla fine del quarto mese (un maschietto!!!) erano tutte a posto.
All’inizio di giugno il ginecologo rilevò una pressione arteriosa “un po’ alta”, 150/90, ricordo ancora le sue parole: “Niente di preoccupante, può capitare. Vada in farmacia a farsi misurare la pressione due volte la settimana, se la minima supera i 90 mi telefona che facciamo delle analisi per escludere la gestosi”. Gli faccio notare che sono parecchio gonfia, caviglie e gambe, ma lui risponde che è fisiologico in gravidanza, e poi fa così caldo! Sono alla 27sima settimana.
Fiduciosa del medico e alla prima gravidanza, feci come mi disse. Anzi, acquistai l’apparecchio per misurare la pressione, così me la controllavo da sola ogni mattina. Fino al 5 luglio è sempre stata stabile, ma la minima non è mai scesa sotto gli 80. La mattina vado dal medico con mia madre, per fargli vedere le analisi del sangue perché avevo il colesterolo alto (cosa che normalmente non ho e che poi ho saputo essere uno dei tanti sintomi della gestosi… ma il dottore l’ignorava…). Mi misura la pressione, la massima non la ricordo, la minima 110. Me la misura parecchie volte, ma non scende mai. Anche lui fa l’ottimista o il menefreghista, non lo so, e vuole mandarmi a casa perché ritiene che il rialzo di pressione sia dovuto ad un mio stato di ansia. Per fortuna che c’era mia madre con me, che insiste perché mi mandi a fare una visita ginecologica. Così vado in ospedale, mi fanno immediatamente un monitoraggio, il bambino sta bene. La pressione è sempre alta e le analisi delle urine non sono a posto. Così decidono di ricoverarmi per delle analisi più approfondite. Il pomeriggio sono ricoverata, la sera entro in uno stato di pre eclampsia, nessuno usa queste parole ma è evidente: pressione altissima, la minima arriva a 130, tachicardia, vomito… Mi somministrano dei farmaci per la pressione, mi fanno le analisi pre operazione per essere pronti al cesareo. Sono alla 30sima settimana. La mattina dopo sto meglio, la pressione cala ragionevolmente, ma ormai la diagnosi è chiara, gestosi. Il 9 luglio sono trasferita a Trieste al Burlo Garofolo. Mi ricoverano nella clinica ostetrica universitaria, in una stanzetta singola e tranquilla. L’ecografia e la flussimetria non sono proprio buone ma il piccolo sta bene, anche se i flussi del cordone ombelicale sono alterati, le arterie uterine non funzionano a dovere ed il peso stimato del bambino è di 1200 gr. Mi dicono chiaramente che finché il bambino sta bene e la pressione è stabile (sotto terapia farmacologia) lo lasciano nella mia pancia ma che appena qualcosa va storto si procede con il cesareo. Ormai le 40 settimane sono un’utopia. Ogni giorno in più è prezioso per la salute e lo sviluppo del bambino. Così inizia la mia degenza: tanto riposo sul fianco sinistro, pasti iperproteici, farmaci, analisi, magnesio, acido folico, flussimetrie, monitoraggi, iniezioni di cortisone, rilevazioni della pressione continue. Teniamo duro fino alla 34sima settimana esatta, il 24 luglio 2002. La mattina mi sveglio con la nausea e dolori al ventre, ma il monitoraggio è ok. Poi mi chiamano per una flussimetria non programmata (credo stessero tenendo una lezione) ma provvidenziale perché il medico rileva che il bambino rallenta i battiti cardiaci. Così me ne sto in pratica tutto il giorno attaccata al cardiotocografo e la situazione non migliora. Alle 20.30 decidono per il cesareo: telefono a mio marito, mezz’ora prima l’avevo spedito a casa, in quei giorni era stanchissimo, faceva fuori e dentro da due ospedali, suo padre ci stava lasciando.
Alle 21.45 nasce Francesco, 1470 gr di peso e 41,5 cm di lunghezza. Lo sento piangere, mi chiedono se voglio vederlo. Dico di sì e me lo mostrano alcuni secondi, prima di portarlo in tin. Vedo una copertina da cui sbuca un visetto minuscolo. Subito dopo arriva Paolo, eccezionalmente lo fanno entrare in sala operatoria, dove sto attendendo di essere ricoverata a mia volta in terapia intensiva. Più tardi, verso mezzanotte, mi viene a trovare con mia madre, mi dice che Francesco sta bene, respira da solo, è piccolo ma tanto bello.
Dopo due giorni mi dimettono dalla terapia intensiva, ho la febbre dalla voglia di vedere Francesco. Voglio andarci con le mie gambe, ma mi convincono a sedermi sulla sedia a rotelle! Sento tante mamme lamentarsi per il dolore, io lo avvertivo appena, ero troppo concentrata sul mio piccolo. Non so descrivere ciò che ho provato vedendolo la prima volta. Da un lato ero felice, l’impatto non è stato traumatico, Francesco era solo incanulato all’ombelico, e la prima volta che l’ho visto stava succhiando da un biberon. Lo accarezzai e gli parlai e fece una smorfia che assomigliava ad un sorriso. Era piccolo ma non tanto quanto immaginavo, aveva pochi capelli biondi ed una peluria chiara sulla fronte e sulle guance. Gli mancavano due unghie sulle seconde dita di entrambi i piedini, ma per il resto era perfetto, come disse un’infermiere “è mignon ma bellissimo!”. Il giorno dopo andai da sola in tin, lo presi in braccio, inizia a tirarmi il latte… Anche se poi ritornavo in reparto e mi chiudevo in bagno a piangere e non capivo chi mi portava regali e fiori. Finita la mia degenza mi trasferii nella casetta che un’associazione mette a disposizione delle mamme nel giardino dell’ospedale. Mi stavo abituando all’idea del mio piccolo, che doveva crescere ma che stava bene, che potevo lo stesso tenere tra le mie braccia. Stavo acquistando un po’ di sicurezza, che subito s’incrinò quando il 2 agosto, Francesco aveva nove giorni, entrai in tin e lo vidi con la mascherina per l’ossigeno. Ricordo il viso dell’infermiera che mi spiegava che si era preso un’infezione. “Come?” – “Siamo in un’ospedale. Anche se siamo in un ambiente protetto purtroppo i batteri girano”. Poi il medico mi spiegò che dovevano mettere un catetere nel braccio di Francesco per togliere quello all’ombelico, probabile veicolo per l’infezione. Ricordo tutto quello che è successo con una lucidità che mi spaventa. Ma soprattutto ricordo il viso del mio bambino, con gli occhi chiusi ed il colorito grigio, e la sua manina che non stringeva il mio dito, completamente inerme. L’indice di infezione era molto alto. Il giorno dopo riuscirono ad isolare il batterio (klebsiella pneumoniae) ed iniziarono una terapia antibiotica adeguata, alla quale il fisico del bambino rispose molto, molto lentamente. Intanto il batterio si “mangiava” il sangue del mio bambino, rendendo necessarie numerose trasfusioni di plasma ed emazie. Per fortuna il giorno dopo, comunque, Francesco respirava di nuovo autonomamente ed io lo tenni in braccio tutto il giorno, all’inizio dovevo farlo solo per mezz’ora vista la situazione, mentre pulivano l’incubatrice, ma poi l’infermiera vide che il battito cardiaco si regolarizzava ed il sangue si ossigenava meglio, così me lo lasciò tenere finché non fui costretta a rimetterlo nella sua “casetta” per andare a mangiare e togliermi il latte! Nei 10 giorni successivi fu tutto un alternarsi di ecografie SNC, di lastre ai polmoni e al fegato, di ago canule, di terapie antibiotiche, la pressione era ok ma la febbre era ballerina, fino ad arrivare a cambiare catetere dal braccio destro al sinistro e a fargli un prelievo lombare. L’infezione non passava ed i medici temevano potesse intaccare gli organi interni, avevano ipotizzato anche una meningite… Poi, lentamente, l’indice di infezione scese. Francesco, in tutti quei giorni, era abbastanza vitale e ciò faceva comunque essere ottimisti. Ma io ogni mattina alzavo piano la copertina dell’incubatrice con il cuore in gola, non sapevo mai cosa aspettarmi…
Dopo un po’ s’iniziò a mangiare veramente, a guadagnare qualche grammo, mentre l’infezione se n’andava. Dopo 18 giorni sospesero gli antibiotici e gli tolsero il catetere, per poi poterlo mettere in una culla normale. Nel frattempo avevamo girato tutta la tin, prima di essere spostati al centro immaturi!
Le infermiere si coccolavano Francesco ed erano sempre disponibili con me, che facevo sempre un sacco di domande ed ero sempre presente, dalle otto del mattino alle dieci di sera!
Francesco cresceva, prima lentamente, poi, acquistate un po’ di forze, iniziò a divorare il latte, anche se, comunque, per farlo mangiare ci voleva quasi un’ora! Così festeggiammo il primo complimese di Francesco con i medici e le infermiere. Dimisero Francesco il 3 settembre 2002, con un peso di 2080 gr e una lunghezza di 45,5 cm.
Una volta a casa, i primi mesi non sono stati per niente semplici… Francesco mangiava ogni tre ore, ma a volte anche meno, provavo ad allattarlo al seno ma impiegava troppe energie (era anemico) e si addormentava dopo 10 minuti oppure impiegava mezz’ora per mangiare 30 gr di latte. Poi abbiamo dovuto integrare il latte materno con le proteine, quindi il biberon era indispensabile e lui ci si è affezionato. Volevo a tutti i costi dargli il mio latte, così me lo toglievo anche di notte. In questo modo mi sentivo meno in colpa per non aver portato a termine la gravidanza. E’ stato fondamentale l’aiuto che ho ricevuto da mio marito e dai miei genitori, che hanno ospitato Francesco e me per due mesi e mezzo.
I primi mesi Francesco li ha voluti passare in braccio. Preferibilmente il mio, ma non disdegnava il papà e i nonni! All’inizio la differenza tra età anagrafica e corretta era evidentissimo, dopo i 5 mesi anagrafici ha iniziato a recuperare anche sul piano psicomotorio, compiuti i sei mesi peso e altezza erano intorno al 5° centile mentre la psicomotricità era adeguata e a 8 mesi la fisioterapista ci ha salutati facendoci gli auguri.
Dopo le dimissioni, a parte i follow up, si è reso necessario un ricovero in giornata per una trasfusione ed un altro per un rigurgito di sangue, episodio che mi ha spaventata moltissimo ma che non ha avuto conseguenze e non si è ripetuto più.
A 12 mesi Francesco pesa 9030 gr, è alto 74 cm. Mangia volentieri. Gattona da diversi mesi, si alza in piedi e ultimamente si tiene in equilibrio per diversi secondi senza appoggio, mentre appoggiandosi cammina tranquillamente. Fa ciao con la manina, dice “mamma” e “papà” e fa un sacco di discorsi per ora incomprensibili! E’ un bambino felice che ride sempre, affettuoso, socievole, indipendente. Gli piace giocare da solo e in nostra compagnia. Non è stato facile, ma ho cercato di essere il meno ansiosa possibile per non soffocarlo di attenzioni e renderlo insicuro, e spero di esserci riuscita.
Da qualche tempo riesco a trattenermi nel raccontare la “nostra” storia a chiunque mi dica “che bel bambino, quanto tempo ha?”. I primi tempi mi usciva a valanga, quando Francesco aveva due o tre mesi e mi chiedevano quanti giorni aveva…
Non so se ho scritto tutto quello che volevo.
Spero solo che il racconto della nostra avventura possa essere di aiuto a qualcuno. Certo è che se avessi saputo all’epoca tutto quello che ora so sulla gestosi, non mi sarei limitata a misurarmi la pressione, forse avrei insistito con il medico per delle analisi immediate. Ma forse questo era compito del ginecologo…

Alessandra, mamma di Francesco

pubblicato il 08 agosto 2003